L’industria del sapore sintetico emerge dalla metà del XIX
secolo, periodo che vede l'inizio della chimica organica e la crescita dell'industria chimica, quando i cibi confezionati cominciano a essere prodotti su larga scala.
Avendo riconosciuto la necessità di additivi aromatici, i primi trasformatori
di alimentari si rivolgono ai produttori di profumi, che avevano anni di
esperienza nel campo degli oli essenziali e degli aromi volatili. Le grandi
case profumiere inglesi, francesi e olandesi producono molti dei primi composti
aromatici.
Nonostante ciò, i
sapori artificiali entrano per la prima volta nel record storico nel 1851, alla
mostra del Crystal Palace a Londra: è qui che i visitatori possono assaggiare
caramelle di pera, mela, uva o ananas, aromatizzate per la prima volta non con
i prodotti dell'agricoltura, ma con composti sintetizzati nei laboratori chimici.
Alla fine del XIX secolo la potente industria
chimica tedesca assume la guida tecnologica della produzione di aromi. Si dice
che fu un ricercatore tedesco a scoprire il metilantranilato, uno dei primi
aromi artificiali, per caso, mentre mescolava sostanze chimiche nel suo
laboratorio.
Agli inizi del XX secolo le essenze di frutta artificiale e altri sapori sintetici erano ampiamente utilizzati negli Stati Uniti, in Germania, in Francia e in Gran Bretagna, accompagnando il crescente consumo di zucchero. Con l'industrializzazione della produzione alimentare, la sicurezza alimentare diventa però un problema politico: le persone si ammalano e additivi chimici sofisticati vengono visti come parte del problema. Per questo motivo si approva la Pure Food and Drug Actdel 1906, che richiedeva l'ispezione e l'etichettatura dei prodotti alimentari oltre che la distinzione tra "naturale" e "artificiale".
Agli inizi del XX secolo le essenze di frutta artificiale e altri sapori sintetici erano ampiamente utilizzati negli Stati Uniti, in Germania, in Francia e in Gran Bretagna, accompagnando il crescente consumo di zucchero. Con l'industrializzazione della produzione alimentare, la sicurezza alimentare diventa però un problema politico: le persone si ammalano e additivi chimici sofisticati vengono visti come parte del problema. Per questo motivo si approva la Pure Food and Drug Actdel 1906, che richiedeva l'ispezione e l'etichettatura dei prodotti alimentari oltre che la distinzione tra "naturale" e "artificiale".
Anche se i produttori sostengono la legge, respingono quelli
che consideravano insulti non consapevoli e non scientifici: nel 1913 si avvia una campagna per
combattere la pubblicità negativa che raggruppava i produttori di
aromi con "adulteratori, avvelenatori di cibo e drogati ". Grazie
alla legge i prodotti contenenti sostanze chimiche cominciano di nuovo ad essere
acquistati. Un esempio è riportato nella pubblicità qui di seguito dove il
messaggio era chiaro: la sintesi può essere persino migliore del naturale.
Al fine di far rispettare i requisiti di etichettatura i
chimici governativi dovevano essere in grado di distinguere l'autentico dal
sintetico, cosa non semplice dato che in alcuni casi la sostanza sintetica è
identica alla molecola naturale. Inoltre,
prima degli anni '50, isolare e identificare le sostanze chimiche aromatiche
negli alimenti richiedeva un lavoro meticoloso e attento. Nonostante molte
molecole aromatiche vengono scoperte per caso, la ricerca di base sui
componenti chimici cambia il modo di creare i sapori. I risultati della ricerca
USDA sulla chimica dell'aroma di mela sono resi disponibili come brevetto
pubblico, consentendo alle aziende di attingervi come base per i loro additivi
sintetici.
I decenni tra le due guerre furono un periodo di rapida
crescita per l'industria del sapore e delle fragranze negli Stati Uniti. Man
mano che sempre più cibo veniva prodotto nelle fabbriche, la richiesta di
additivi per il gusto si intensificava, anche per ripristinare l'appetibilità
rimossa durante la lavorazione, introducendo inoltre nuovi requisiti per la
standardizzazione.
Ciò che significava lavorare con i sapori cambia
radicalmente nel 1955, con il debutto di un nuovo potente strumento analitico:
il fractometer di vapore Perkin-Elmer. Questo era il primo gascromatografo di
successo commerciale (GC) con cui , insieme alla spettroscopia di massa, il
compito di isolare e identificare i componenti complessi diventa meno scoraggiante.
Nei due decenni successivi, sono state isolate e identificate
migliaia di nuove sostanze chimiche volatili ma questo non sostituiva
l’importanza del naso del sapiente di un
esperto, più sensibile della macchina. In un convegno del 1974, Richard Potter,
chimico del gusto di Givaudan, ammoniva i colleghi di diventare "schiavi
dello strumento" e dimenticare "la propria iniziativa
artistica".
Gli anni sessanta furono l'età d'oro per gli aromi
artificiali: i consumatori, spingendo i loro carrelli nei supermercati , sembravano affrontare una gamma di scelte senza precedenti. I
produttori alimentari erano in competizione tra prezzo e convenienza, e
investivano molto nella pubblicità, ma nel nuovo mercato il gusto diventava
sempre più importante anche come marchio distintivo di un azienda e dei suoi
prodotti.
Ma l'aumento del numero e della varietà delle sostanze
chimiche alimentari attira un nuovo controllo sulla loro sicurezza: l'emendamento
sugli additivi alimentari impone una nuova serie di requisiti per i prodotti
chimici alimentari. Tuttavia, a causa dell'elevato numero di sostanze chimiche
usate - più di 1.100 nel 1959 – e a causa dei bassi livelli in cui si trovano
negli alimenti, la FDA ha raggiunto poi un accordo senza precedenti con
l'industria degli aromi, esentando la maggior parte delle sostanze chimiche
aromatizzanti. L'ammissibilità è determinata da un gruppo di esperti riunito
dalla Flavor and Extract Manufacturers Association (FEMA), il principale gruppo commerciale
del settore. In un accordo, criticato per mancanza di trasparenza, viene
stilato un elenco di prodotti chimici ammessi, noti come GRAS, in cui oggi le sostanze ammesse in questa lista, sfiorano le 3000 unità.
Tratto dal blog Flavor
Added di Nadia Berenstein, ricercatrice in Storia e Sociologia della
Scienza all'Università della Pennsylvania; link al blog: http://nadiaberenstein.com/blog/
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